Economic Outlook Italia – XI Edizione

Date: 28-11-2018  

Economic Outlook Italia – XI Edizione

Ci siamo persi lungo il cammino?

Non siamo mai stati così finanziariamente solidi come ora, ma i rischi e gli scontri politici ci stanno danneggiando

Milano, 28 novembre 2018 – A fine novembre ci siamo trovati di nuovo per il nostro ormai immancabile appuntamento con l’Economic Outlook, l’approfondimento sulla situazione economico-finanziaria organizzato in collaborazione dell’associato Deutsche Bank. Anche questa edizione, l’undicesima consecutiva, è stata curata dai relatori di Deutsche Bank Luigi SottileHead DPM Italy Team e Michele Bovenzi, Discretionary Portfolio Manager, che sanno riassumere con maestria quanto accade a livello globale e locale nel mondo economico. Come ben sottolineato dal moderatore dell’incontro Davide Binaghi, Vice Presidente di Assosvezia e Managing Director di Telia Carrier Italia, l’ultima volta ci eravamo lasciati con buone prospettive e auspici. Ma ora, a distanza di 8 mesi, come è mutata la situazione e cosa ci prospetta il futuro?

La politica nel contesto economico globale

Può essere che in così poco tempo ci siamo persi lungo il cammino? Così sembrerebbe, ma le ragioni sono diverse dal passato. Già sulla base delle sensazioni comuni a noi tutti, pare abbastanza chiaro che non ci troviamo in una situazione facile, sebbene le condizioni e i fondamentali economici siano ben migliori di quelli degli anni della crisi. La grande volatilità dei mercati e la percezione di instabilità non sono causate dall’economia, ma derivano, invece, da motivi di natura politica. Infatti, l’incertezza politica l’abbiamo ereditata dal 2016-2017, anni in cui si sono affacciati sulla scena mondiale una serie di grandi cambiamenti – a volte neppure ritenuti probabili come la Brexit, l’elezione di Trump e l’esito delle votazioni in Italia – che hanno diffuso un netto spostamento politico verso posizioni anti-establishment. È una circostanza in cui l’economia non ha a che fare con l’andamento (negativo) dei mercati: infatti l’espansione ha toccato tutti i Paesi principali e le aziende producono con ampi margini di utili. I rischi di natura politica non sono stati ritenuti un pericolo tale da mettere a repentaglio la crescita dei Paesi e per il momento va così: nel 2019 si prevede PIL a +2,8% negli Stati Uniti, +1,7% nell’Unione Europea, +6% in Cina. In Italia si vedrà…

Focus sugli Stati Uniti

Nel frattempo, l’economia negli USA va a gonfie vele. Il dato più impressionante arriva dal mercato del lavoro che registra numeri da record. La domanda di forza lavoro è così alta che si fa fatica a trovare persone da assumere. È stato calcolato che mai prima d’ora si era registrata una media di 31 giorni necessari per assumere del personale, quando nel 2010 ne bastavano solo 15. Ad oggi ci sono più posti di lavoro che disoccupati. Gli effetti degli stimoli fiscali voluti da Trump sono dunque molto evidenti. Se ne parlava già dai tempi della campagna elettorale per le presidenziali a stelle e strisce e si tratta sicuramente di una pratica inusuale per i periodi in cui non ci sia un rallentamento dell’economia. Per sua natura, l’economia statunitense è meno esposta agli sconvolgimenti in quanto ampiamente autoreferenziale, ma non per questo può rimanere del tutto impassibile a ciò che accade a livello globale. Ad esempio, la politica dei dazi, anche questa fortemente voluta dalla Casa Bianca, rischia di degenerare in una vera e propria guerra commerciale, che notoriamente non ha mai prodotto vincitori. Le conseguenze dello scontro USA contro Cina, in particolare, non aiuterebbero nessuna delle due parti, ma è una partita che si sta giocando principalmente per stabilire il predominio tra due superpotenze. Al G20 di Amburgo nel 2017 c’è stata tanta delusione per il mancato comunicato congiunto, da cui Trump ha voluto sfilarsi; vedremo quali saranno gli esiti reali del dialogo tra le due parti al summit del 2018 di Buenos Aires.

Le Banche Centrali

Le Banche Centrali, dal canto loro, mettono in campo strategie differenti. La Federal Reserve si trova in una situazione nuova per via degli stimoli fiscali in tempo di espansione. Gli esiti di questi inusuali stimoli si sente molto adesso e continuerà così anche il prossimo anno, ma nel 2020, se non verranno rinnovati con una nuova riforma fiscale, gli effetti espansivi termineranno. In previsione di tale possibile scenario, la FED sta pianificando le sue mosse. Intanto ha dato il via a un lento processo di normalizzazione della curva dei tassi di interesse. L’approccio graduale, a mosse da un quarto di punto alla volta, è dettato dalla mancanza di urgenza. In questo modo, nel 2020 la FED avrà accumulato spazio di manovra per agire in caso di contrazione economica. La Banca Centrale Europea, invece, non si muoverà in questa direzione prima di un altro anno. Al momento il deposit rate della BCE si attesta a -140, quindi per l’Unione Europea sarà più problematico reagire e avrà minor possibilità di attuare uno stimolo monetario attraverso l’abbassamento dei tassi di interesse in caso di rallentamento. Inoltre, come già ampiamente annunciato, a partire da gennaio 2019 la BCE cesserà l’acquisto di nuovi titoli di stato dell’area UE, ma si limiterà a reinvestire nei titoli in scadenza. L’Italia, in particolare, dovrà compensare trovando compratori alternativi che magari vorranno tassi di interesse più alti.

L’Italia in ripresa

All’interno di questo contesto globale frammentato è difficile dare risposte certe e ipotizzare scenari futuri che non siano a lungo termine. Il governo italiano si è insediato da pochi mesi e non si può ancora fare un consuntivo del suo operato. Si può, però, ragionare sulle ragioni che frenano la crescita della nostra economia. Innanzitutto, bisogna tristemente sottolineare che di tutti i Paesi dell’Eurozona, l’Italia è quello che ha avuto la crescita più bassa da dopo la crisi. A differenza della maggior parte di essi, l’Italia non è mai riuscita a recuperare il livello di PIL reale del 2007. La nota positiva, invece, è che siamo quasi arrivati a colmare l’output gap, ovvero il differenziale tra il PIL potenziale e quello reale, grazie a un migliore contesto economico globale e alla ripresa dell’export. Negli ultimi anni, analizzando a partire dal brusco calo registrato nel biennio 2011-2012, l’andamento del PIL ha vissuto cicli alterni. Adesso il PIL si è stabilizzato in crescita, ma rimaniamo in bilico in una situazione di micro-ciclo: da questa posizione possiamo tornare a salire come pure a scendere. Insomma, viviamo di prospettive mediamente stabili, sebbene non molto brillanti, ma non possiamo considerarla una circostanza definitiva. Rimane di primaria importanza il monitoraggio degli eventuali campanelli d’allarme lungo il percorso e, contemporaneamente, far salire la quantità degli investimenti per tamponare nei periodi di export inferiore dovuto a una domanda globale più bassa.

Instabilità e mercato del lavoro

La situazione politica attuale è uno dei motivi di instabilità nel nostro Paese. Quando cambia il governo, a prescindere dal suo colore, deve aver la possibilità e attivarsi per portare avanti gli investimenti nel mercato. Quel che manca ora, anche a causa del turnover moderatamente recente, è una governance salda e stabile che aiuterebbe molto ad attirare nuovi investitori stranieri e a tranquillizzare quelli già presenti. Un’altra causa deriva dal mercato del lavoro e dal tasso di disoccupazione. È stato calcolato che in Italia 1 persona su 4 in età tra i 14 e i 35 anni non studia, non lavora né è in cerca di un’occupazione. Questa folta popolazione spesso indicata con l’acronimo NEET (dall’inglese not (engaged) in education, employment or training) trova un termine di paragone solo in Grecia, anch’essa un Paese afflitto da tanti e più problemi. Si tratta di un segnale molto forte, indica che un quarto della popolazione è tagliata fuori dal mondo del lavoro. Sono donne e giovani ad essere esclusi da un mercato del lavoro che, vistosamente, non funziona e mette in evidenza un altro dato di cui non si può andare orgogliosi: l’Italia ha uno dei tassi di lavoro femminile più bassi al mondo. È forza lavoro persa, che non contribuisce alla crescita del Paese e che non trova collocazione all’interno della società. A fronte di certe evidenti storture, però, la situazione generale non è drammatica. Viviamo ancora sull’onda positiva degli ultimi anni e va sempre tenuta in conto una certa ciclicità fisiologica economico-finanziaria.

Fiducia, aziende e spread

Anche le aziende, dal canto loro, incontrano dei nuovi ostacoli. L’accesso al credito concesso dalle banche sta diventando più faticoso. Le condizioni per la concessione diventano un po’ più stringenti e questo non è un buon segnale per grandi e piccole imprese. Se negli anni dal 2011 al 2014 le banche non accordavano quasi nulla, poi la situazione si è invertita. Nel 2018, in particolare nella parte finale dell’anno, invece, la tendenza vede il ritorno di modalità e vincoli meno favorevoli. Va da sé che la fiducia delle aziende stia subendo un calo. Un altro poco gradito ritorno è l’innalzamento dello spread, lo spauracchio che tutti speravano fosse archiviato. Nel biennio 2014-2015 lo spread Italia-Germania era diminuito, ma a partire da maggio 2018 è tornato a crescere. Adesso ci troviamo nel picco del suo aumento e la permanenza sul lungo periodo in questa situazione si sa già quali problematiche possa portare con sé. Serve che l’intero sistema sia resiliente.

Indicatori per settore

Volgendo l’attenzione ai settori produttivi del mercato italiano, nel 2018 i fatturati dei comparti di elettronica, farmaceutica, meccanica ed elettromeccanica spiccano su tutti per l’ottimo andamento. Autoveicoli, elettrodomestici e alimentare, invece, si posizionano in fondo alla classifica registrando performance meno eclatanti. A trainare sono i settori che si contraddistinguono per l’alto livello di innovazione, ma in generale tutto il settore manifatturiero e il suo export crescono mediamente bene. La qualità e i prodotti differenziati ci permettono di rimanere competitivi. Per il biennio 2019-2020 è prevista una risalita dei settori di meccanica, largo consumo e autoveicoli, mentre farmaceutica ed elettronica restano saldi sulle loro posizioni. In generale, il settore manifatturiero vedrà un’ulteriore evoluzione positiva nel fatturato dei vari compartimenti che lo compongono. Questi risultati positivi sono dovuti in buona parte agli investimenti e all’innovazione trainati dal piano Industria 4.0. Gli effetti sono ampiamente tangibili anche per via del fatto che per tanti anni le imprese avevano rinviato o ridotto gli investimenti. È la prova che l’Italia ha tanto potenziale ancora inespresso.

Alcune considerazioni

È arduo trarre delle conclusioni sul futuro economico e sulla crescita dell’Italia a breve-media distanza. Ci sono ancora troppe incognite sulla direzione che prenderemo e poche riforme confermate perché il mercato e gli investitori possano ritrovare la fiducia. Per il momento possiamo rimanere in attesa di vedere gli sviluppi. Nel frattempo, però, possiamo lavorare su alcuni elementi di grande importanza, come ad esempio l’e-commerce. Attualmente in Italia l’e-commerce non ha ancora espresso tutto il suo potenziale né è diffuso uniformemente sul territorio come metodo di acquisto. Rispetto alla maggior parte degli altri Paesi sviluppati, da noi il fatturato complessivo dell’e-commerce è ancora basso. Questo è un segnale che non va lasciato inosservato. Serve che le aziende italiane si aprano alla vendita online per aumentare il loro fatturato e l’export, ma questo tipo di risultati si raggiungono solo investendo. Abbiamo tante imprese e altrettanti prodotti di eccellenza, sarebbe un peccato che venissero completamente adombrati da una concorrenza più brava a cogliere l’occasione di aprirsi a nuovi mercati. Puntiamo sulle riforme strutturali del Paese, ma anche su una maggiore cooperazione tra università e imprese, sugli investimenti nell’industria manifatturiera, nelle infrastrutture per permettere di aumentare le nostre esportazioni e sugli incentivi per migliorare il mercato del lavoro interno che sta alla base del buon funzionamento della macchina Italia.

Da parte di Assosvezia un ringraziamento sentito a Deutsche Bank e ai suoi relatori per l’analisi che ci hanno offerto, come sempre eccellente.

www.assosvezia.it | testo e foto di Viola Albertini


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