HR Best Practices | II Edizione

Date: 11-05-2022  11-05-2022

HR Best Practices | II Edizione

AAA: Cercasi leadership flessibile, agile e diffusa per azienda dal luogo di lavoro ibrido

In questo 2022 di ripresa abbiamo voluto mettere in pratica un proposito che ci portavamo dietro da anni.

Era dal 2016 che ci ripromettevamo di rendere l’incontro tra i responsabili delle Risorse Umane delle aziende svedesi un appuntamento stabile del calendario eventi e finalmente lo abbiamo fatto. Sul modello del CEO Breakfast, lo spazio riservato ai CEO delle aziende svedesi in cui possono confrontarsi su tematiche di attualità e scambiarsi spunti utili, allo stesso modo abbiamo fatto per gli HR Manager.

Il tema che abbiamo scelto è: Smartworking, rientro in ufficio e coinvolgimento dei dipendenti.

A confrontarsi intorno al tavolo quattro grandi aziende:

  • Giovanna ArdoinoWellbeing & Welfare Policies Coordinator di SKF Industrie
  • Daniela BiaginiDirettore Generale di AxFlow
  • Anders LindholmManaging Director di Boyden
  • Massimo LukschPeople and Culture Director di Volvo Group Italia
  • Giancarlo PavanPrincipal Leadership Consulting di Boyden

Tutti i partecipanti provengono da una lunga carriera nell’ambito delle Risorse Umane, organizzazione del personale o head hunting, sia a livello italiano che internazionale.

Fin da subito si è entrati nel vivo del tema: come tornare a una vita lavorativa “normale” dopo due anni di smartworking coinvolgendo nuovamente i dipendenti?

Non è un tema semplice e infatti il confronto è stato utile a chiarirsi le idee, in primis, e poi per far tesoro dell’esperienza altrui.  

LO SMARTWORKING

La prima osservazione comune a tutti è che il lavoro da remoto è qui per restare. Lo smartworking è divenuto a tutti gli effetti una modalità di lavoro: al di là di eccezioni circoscritte che non lo permettono (es. officine, lavori front line), i dipendenti hanno dimostrato di apprezzare la possibilità di portare avanti le attività anche da casa o, più in generale, al di fuori dall’ufficio. È stato un salto culturale un po’ improvviso, ma ormai ampiamente integrato nella nuova quotidianità. Per non penalizzare l’aspetto umano e relazionale di cui è anche composto il lavoro, ad oggi la soluzione più diffusa nelle aziende è stata quella di creare un ibrido: alcuni giorni in presenza e gli altri da remoto. L’ufficializzazione è passata dalla stipula di accordi tra l’azienda, i sindacati e i singoli dipendenti, così da cercare di adattare il nuovo strumento alle necessità differenti. Invece, per coloro i quali lavorano in fabbrica hanno posizioni lavorative non compatibili con il lavoro da remoto, le aziende hanno compensato con politiche di welfare e incentivi ad hoc.

LA PREPARAZIONE DELLE AZIENDE

Non tutte le aziende erano pronte a rispondere all’emergenza. Alcune, infatti, non avevano mai sperimentato il lavoro da remoto e hanno dovuto introdurlo velocemente e senza particolare organizzazione. Altre, invece, lo avevano già adottato da qualche anno, come ad esempio Volvo Trucks. È dal 2011 che in azienda è stato introdotto lo smartworking come regolare modalità di lavoro e per farlo sono stati innanzitutto formati i manager, con lo scopo di renderli in grado di capire e gestire il cambiamento. In secondo luogo, è stato cambiato il metro di valutazione delle performance: non più una misurazione del tempo impiegato e un controllo in presenza ma piuttosto il raggiungimento degli obiettivi lasciando che i dipendenti organizzassero al meglio le loro risorse. Infine, il personale è stato dotato degli strumenti necessari, tra cui i pc portatili. Ad oggi si riscontra che lo smartworking è inteso essere parte integrante dell’organizzazione aziendale e, non a caso, è una delle prime cose che vengono chieste in fase di selezione dai candidati da assumere. Dunque, per attirare nuove leve o per tenere con sé i dipendenti più validi è assolutamente necessario dar loro la possibilità di lavorare anche da casa.

IL MANAGEMENT

E parlando più in generale di management, è proprio da questa fascia di popolazione aziendale che si è riscontrata una reazione non univoca al lavoro da remoto. Lo smartworking è stato una modalità indispensabile per poter portare avanti le attività durante i lockdown, ma non tutti i livelli di management lo hanno apprezzato. Infatti, la critica principale è stata quella di non poter controllare l’effettivo lavoro dei dipendenti. Un altro aspetto sono le alchimie che nascono tra i dipendenti in ufficio e costituiscono un valore che va perso lavorando da casa. Dunque, tenendo da conto anche le titubanze di che non lo ha apprezzato, la soluzione migliore è il mix tra smartworking e presenza in ufficio. A tal proposito, SKF ha scelto di cambiare il sistema di assegnazione degli obiettivi: ora non si parla più di scadenze ma di traguardi in continua evoluzione in base all’andamento del business o dell’area di competenza. In questo modo si crea una relazione costante tra manager e i loro team basata sulla gestione invece che sul controllo.

LA QUOTIDIANITÀ IN UFFICIO

La questione della perdita del rapporto quotidiano tra colleghi è reale e importante. Si tratta di relazioni che spesso sono foriere di sinergie inaspettate. Nel corso degli ultimi due anni si è registrato un tasso di turn over più alto e in alcuni casi i rapporti tra le persone si sono deteriorati. È venuto a mancare parte del collante che da sempre teneva unite e solide le aziende, quel sentirsi parte di una cosa unica e comune i cui risultati dipendono dalla collaborazione tra le persone che la compongono. La lontananza ha fatto sentire alcuni isolati e sempre più estranei al gruppo di cui facevano parte e per questo rimane fondamentale trovare delle soluzioni che minimizzino il più possibile questi sentimenti. Infatti, per chi sentisse la necessità di lavorare in ufficio, non c’è obbligo di lavoro da remoto ma piuttosto rappresenta una possibilità che ha a disposizione.

LA CASA-UFFICIO

Un altro aspetto negativo vissuto negli ultimi due anni è stata la commistione casa-lavoro, uno spazio fisico, temporale e mentale che si è fuso divenendo un unicum spesso infinito. Mancando la divisione dei momenti della giornata e degli spazi dedicati ad attività diverse, spesso l’esperienza dei dipendenti è stata quella di vivere giornate lunghissime in cui non esistevano più orari lavorativi e, contemporaneamente, di portare avanti le incombenze della vita privata e familiare. Un carico di lavoro senza soluzione di continuità che ha portato con sé molto stress. L’aiuto di psicologi del lavoro è stato fondamentale per aiutare le persone a creare o ristabilire dei giusti limiti in modo tale da non rischiare il burn out: un po’ di ordine per evitare di vivere ogni ambito della propria vita in modo malsano.

LA GRANDE FUGA

Come già anticipato, molte aziende hanno parlato del tasso di turn over significativamente aumentato dalla pandemia. È un dato preoccupante per le aziende che spesso hanno investito e formato dei talenti i quali, all’improvviso, cambiano lavoro o scelgono una vita del tutto diversa. Ogni trimestre la misurazione viene ripetuta e costantemente restituisce lo stesso dato. È un danno e ed è difficile trovare le persone che possano subentrare nel giro di poco tempo a chi se ne va. Le cause all’origine di questo andamento sono molteplici e bisognerà continuare a indagarle, ma una correlazione è già stata notata: infatti è nelle aziende in cui è stato abolito lo smartworking con conseguente obbligo di tornare a lavorare in ufficio tutti i giorni che si è verificato un numero maggiore di dimissioni. La generazione dei Millennials, in particolare, non è più disposta ad accettare lavori che non offrano la possibilità di lavorare anche da remoto; se ciò non è previsto, fanno di tutto per lasciare l’azienda il prima possibile o interrompono il processo di selezione.

DOPO LA PANDEMIA, LA GUERRA

Come se non bastassero tutti questi cambiamenti nell’arco di un breve periodo, una volta che l’allarme pandemia è un po’ rientrato, è arrivata la guerra in Ucraina. Un altro evento destabilizzante a livello psicologico ma, in questo caso, anche per la tenuta delle aziende stesse. Infatti molte delle materie prime necessarie all’industria manifatturiera, partendo da gas e petrolio fino ai componenti elettronici, non sono più facilmente reperibili e ne deriva un forte rallentamento di tutta la catena produttiva. Risultato: prezzi che si alzano notevolmente e ritardi nella consegna dei prodotti. Inoltre, le aziende sono costrette a ad affrontare la valutazione di chiudere le proprie sedi in Ucraina e Russia, dovendo lasciare senza lavoro migliaia di persone. Un altro contesto in cui la gestione delle risorse umane dovrà lavorare per trovare nuove soluzioni.

Ringraziamo tutti i partecipanti e diamo appuntamento all’autunno per la terza edizione di HR Best Practices!


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