CEO Breakfast | XIV Edizione

Date: 07-05-2021  07-05-2021

CEO Breakfast | XIV Edizione

Ritrovare l’equilibrio nel bel mezzo dell’instabilità

Anche nel 2021 le aziende svedesi in Italia legate ad Assosvezia si sono incontrate virtualmente per discutere di un argomento molto attuale e importante per tutti noi. In questa edizione, la quattordicesima, si è parlato di mantenimento dell’equilibrio tra vita privata e lavoro, che in tempo di Covid è stato una vera e propria conquista su cui lavorare quotidianamente.

Il cosiddetto “work-life balance”, è un equilibrio tra lavoro e vita privata che è sempre esistito, ma che prima della pandemia si declinava diversamente. Infatti, la divisione tra vita privata e lavorativa era più netta e solitamente più facile da mantenere; solo in una percentuale minore di lavoratori la gestione degli impegni familiari si accavallava con quelli lavorativi. Nell’ultimo anno e mezzo, invece, i due piani si sono completamente sovrapposti, dovendo tutti noi lavorare obbligatoriamente da casa. Ora che sembriamo essere quasi usciti dall’incubo della pandemia, possiamo cominciare a tirare le somme di questa esperienza in smartworking e lo abbiamo fatto ponendoci tre domande:

1) Work-life balance: com’è andata l’esperienza nelle aziende svedesi e qual è stato il feedback da parte dei dipendenti?

Le reazioni dei dipendenti sono state differenti a seconda degli stili di vita di ciascuno: chi vive in case grandi, magari dotate di spazi esterni, ha vissuto l’esperienza del lavoro da casa in modo più rilassato di chi invece ha dovuto gestire figli in DAD o coloro che abitano in appartamenti più piccoli. Gli spazi forzatamente condivisi e gli stessi ambienti utilizzati sia per lavorare, sia per cucinare o dormire hanno creato un flusso costante e ininterrotto di attività senza orari né pause. La gestione di riunioni online e videochiamate in stanze non convenientemente attrezzate o il sovrapporsi di voci, persone e richieste ha influito negativamente sull’equilibrio che ognuno di noi aveva prima della pandemia. Di fatto, sono state annullate le regole, la privacy e i momenti della giornata che le persone potevano dedicare a loro stesse, generando stress per tutti i componenti della famiglia.

Ma oltre a questa confusione di orari e ruoli è venuta a mancare anche quella parte di socialità e interazione tra colleghi che fa parte del processo lavorativo. Il lavoro in team vive della collaborazione tra colleghi, pure nei momenti di pausa per un caffè, ma non essendo possibile mantenerli, anche la velocità di avanzamento delle attività o la risoluzione dei problemi hanno subito un rallentamento significativo. Infatti, idee e spirito di gruppo prosperano in presenza.

Inoltre, come se tutti questi elementi non fossero stati abbastanza per abbassare il livello di qualità della vita dei dipendenti, anche gli strumenti per lavorare hanno dato le loro difficoltà. È infatti vero che non tutti, nella propria casa, sono dotati di linea internet veloce o almeno consona alle attività richieste dal proprio lavoro. Pure le sedie, le scrivanie, i tavoli, i divani e i letti, improvvisamente divenuti postazioni di lavoro, in realtà, per quanto belli e comodi, non sono ergonomicamente adatti e ciò ha causato una serie di problematiche a livello fisico. La sicurezza sul lavoro, poi, non poteva essere garantita, né a livello di spazi adeguati, né a livello legislativo, dato che la necessità di lavoro da casa dovuta allo scoppio della pandemia è stata più veloce dei necessari aggiustamenti contrattuali.

Orari saltati, reperibilità pressoché costante, processi decisionali rallentati, postazioni di lavoro arrangiate e gestione delle necessità familiari sono stati i problemi principali e non sempre di facile risoluzione per i dipendenti delle aziende in Italia, comprese quelle svedesi.

In pandemia lo smartworking è stato uno strumento necessario e in futuro non verrà mandato in pensione, ma sicuramente andrà ribilanciato tramite modalità chiare e standard di sicurezza da rispettare. Su questo tema, l’Italia è in ritardo, poiché all’estero è già regolamentato da tempo e veniva largamente impiegato già prima dell’arrivo dell’emergenza. Inoltre, urge chiarire la differenza tra “smartworking” e “homeworking”: il primo è una versione più evoluta del secondo. Se per homeworking si può intendere il mero lavoro dalla propria abitazione, lo smartworking, invece, è un tipo di lavoro agile che permette di organizzare la giornata lavorativa come si preferisce raggiungendo lo stesso i risultati richiesti. Una maggiore libertà che non va a incidere negativamente sulla qualità del lavoro dei dipendenti, ma che anzi li sostiene nell’organizzazione familiare e nelle esigenze di ciascuno.

2) Nuovi lavori e competenze: alcune professioni verranno spazzate via dalla pandemia, ma in sostituzione ne nasceranno di nuove e in quantità superiore. Quali?

Secondo le aziende svedesi, tutto ciò che riguarda il digitale sarà in crescita nei prossimi anni e, di conseguenza, tutte le professioni ad esso collegate. In Italia esistono le competenze richieste e le persone con i profili adatti a ricoprire i nuovi ruoli, ma non sempre le aziende riescono a raggiungerle. Spesso accade che in questo Paese le competenze non vengano adeguatamente retribuite, spingendo così i dipendenti a cercare nuove opportunità economicamente migliori, sia qui, sia all’estero, ma è altrettanto vero che esiste una reale difficoltà a far entrare in contatto la domanda con l’offerta. Può essere che, nel momento della ricerca, le aziende si affidino a società esterne o consulenti non in grado di trovare o selezionare le figure dotate delle competenze richieste, seppur ci siano sul mercato. In questo modo i giovani talenti – ma anche quelli meno giovani – rimangono in una zona d’ombra e alle aziende sembra che il Paese non formi né offra i profili che a loro interessano. Il problema riguarda anche chi si occupa di vendita, area per cui non esiste una “scuola di formazione”, e le figure tecniche, la cui richiesta supera la disponibilità. È nell’interesse delle aziende aiutare a crescere anche quei profili che ancora non sono perfettamente in linea, così da coltivare le competenze di cui hanno bisogno e ricompensarli adeguatamente per riuscire a tenerseli stretti.

3) Change management: i manager delle aziende sono pronti a gestire questi cambiamenti?

A fronte di nuovi profili e competenze, il tema della gestione dei percorsi di carriera è altrettanto caldo. Per motivi numerici, non tutti i dipendenti, per quanto meritevoli siano, potranno fare un percorso che li porterà così in alto da dirigere l’azienda. Anzi, saranno ben pochi saranno quelli che riusciranno nell’impresa poiché in cima alla piramide gerarchica ci sono meno posizioni, ruoli e persone. A quelli che non arriveranno a posizioni manageriali alte bisogna offrire opportunità di crescita alternative, magari tramite spostamenti geografici o di area aziendale, quando possibile. La crescita professionale non deve essere intesa solo verso l’alto, ma in ogni caso deve rimanere stimolante per i dipendenti affinché non scappino in altre aziende con le competenze che hanno sviluppato nel corso degli anni.

Perché ciò si realizzi, le aziende hanno bisogno di manager che non siano solo gestori, ma anche dei leader in grado di indirizzare i dipendenti sotto di loro. Chi ricopre il ruolo di manager deve avere o sviluppare la capacità di essere anche coach, di saper capire le attitudini delle persone e indirizzarle verso il percorso più adatto. Questo richiede una sensibilità verso gli altri e una buona dose di flessibilità per poter affrontare i cambiamenti senza che nessuno ne rimanga travolto.

Dunque, all’orizzonte si intravedono dei grossi cambiamenti, una ripartenza positiva e arricchita dall’esperienza fatta sul campo in tema di smartworking. A partire dalle aziende fino alle singole persone, tutti ci siamo dovuti rimettere in discussione, riorganizzare le nostre vite e modificare la nostra routine per adottarne una nuova. Non tutto di quel che abbiamo appreso in questo anno e mezzo di pandemia rimarrà con noi, torneremo a vivere una vita normale senza le tante limitazioni che adesso la caratterizzano, ma di certo non potremo dimenticare l’esperienza di lavoro da remoto che abbiamo fatto. Come spessissimo si sente ripetere, dalle crisi nascono le opportunità, ed è così anche in questo caso: le aziende svedesi hanno fatto tesoro dell’esperienza e la utilizzeranno per migliorare il rapporto tra lavoro e vita privata dei loro dipendenti.

Ringraziamo tutti i partecipanti per gli interessantissimi contributi che hanno dato alla discussione di questa edizione del CEO Breakfast e vi diamo appuntamento all’autunno 2021 per il prossimo approfondimento.

www.assosvezia.it | Testo di Viola Albertini


I PARTECIPANTI

  • Maria Åkerlund De Francisco, Primo Segretario, Affari Economici e Stampa dell’Ambasciata di Svezia in Italia
  • Jenny Rahm, Presidente di Assosvezia e Managing Director di Mercuri International;
  • Giovanna Ardoino, Vice Presidente di Assosvezia;
  • Pierluigi Fusetti, Managing Director di Jacobi;
  • Marie Johansson, Country Manager Italia di Tink;
  • Anders LindholmManaging Director di Boyden Italia;
  • Luciano Rogato, Managing Director di Camfil Italia;
  • Roberto Rota, General Manager di Atlas Copco;
  • Stefano Tacchinardi, Managing Director di Volvo Construction Equipment Italia;
  • Gabriele Tanzi-Mira, Managing Director di AxFlow Italia;
  • Martin Skoogh, Trade Commissioner & Country Manager di Business Sweden Italy.

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