Word of a Board Member – Massimo Caiazza

Word of a Board Member – Massimo Caiazza

Cari amici di Assosvezia,

a distanza di quasi 30 anni dalla mia prima iscrizione ad Assosvezia, desidero condividere con voi alcune riflessioni sulla Svezia. In particolare sulla vita delle imprese e su alcuni meccanismi virtuosi che per vari motivi non si riescono ancora a innescare in Italia.

Invito tutti ad aprire il sito www.doingbusiness.org per confrontare la situazione dei 189 paesi del pianeta dal punto di vista della facilità (o difficoltà) di avviare e gestire un’attività economica.

Nel 2015 la Svezia ha guadagnato una posizione ed ha raggiunto l’11° posto.

L’Italia invece ne ha perse quattro rispetto al 2014 e si trova al 56° posto.

Gli indicatori sono vari e non in tutti la Svezia è ai primi posti. Per certi aspetti l’Italia ricopre posizioni di eccellenza, ma in altri è addirittura agli ultimi posti, abbassando la media e compromettendone il giudizio. Vediamoli.


Si può subito notare che la pubblica amministrazione e la giustizia civile svedesi funzionano molto bene, mentre sono proprio questi i più gravi problemi che affliggono l’Italia.

Una caratteristica dell’Italia è di avere una legislazione molto severa, a volte all’avanguardia. Per esempio le regole di corporate governance non hanno niente da invidiare alla maggior parte degli altri paesi (posizione 21 nella protezione dei soci di minoranza).  In teoria.

Quando poi si cerca di far valere i diritti previsti dalla legge le cose cambiano. In pratica.

In Svezia i termini medi di pagamento delle fatture sono molto brevi: 20 giorni. Eppure si propone di accorciarli ulteriormente, onde far girare più velocemente l’economia. Le imprese svedesi non ricorrono al credito bancario per chiedere anticipazioni su fatture, in quanto i pagamenti arrivano rapidamente. Le banche, quindi, anziché finanziare il rosso di cassa delle imprese che non vengono pagate in tempi ragionevoli dai loro clienti, aprono i crediti per investimenti (R&D, tecnologie, innovazione, marketing, espansione in nuovi mercati) e operazioni straordinarie (fusioni e acquisizioni). In altri termini, finanziano la crescita piuttosto che la sopravvivenza. Un circolo virtuoso.

Se un’impresa italiana deve impegnare tutto il credito bancario per farsi anticipare i pagamenti che i suoi clienti ritardano di eseguire, non restano poi molti spazi per finanziare investimenti. Inoltre i suoi utili sono falcidiati dagli oneri finanziari, riducendo ulteriormente il rating bancario. Un circolo vizioso.

In Svezia il ritardo nei pagamenti non è tollerato. Il recupero dei crediti è celere, efficace e poco costoso. Le fatture non pagate passano all’”incasso” pochi giorni dopo la scadenza. Dopo un semplice avviso si ottiene un’ingiunzione di pagamento senza rivolgersi al giudice. L’ingiunzione è emessa dagli stessi ufficiali giudiziari (KFM) che ne curano poi l’esecuzione forzata in tempi rapidi e a costi molto contenuti. Solo in caso di opposizione la pratica passa in tribunale. Se l’opposizione è infondata le spese legali sono pagate per intero alla controparte e possono essere un multiplo del debito, quindi non conviene opporsi se si ha torto (così come non conviene chiedere un’ingiunzione senza averne diritto).

Ma non conviene neanche farsi fare un’ingiunzione, perché resta registrata per cinque anni in una specie di centrale rischi accessibile a tutti.

La moralità nei pagamenti non è quindi soltanto una questione etica, ma una condotta da tenere per evitare costi, perdita di reputazione e rating all’interno di un sistema che vuole dare fiducia alle imprese che si comportano bene e segnalare quelle che non lo fanno.

In Italia solo le banche hanno generato questo sistema, per cui vengono a conoscenza di una rata di mutuo o di leasing non pagata. Ma sulle ingiunzioni di pagamento ottenute da creditori che non siano banche non trapela alcuna informazione.

Opporsi al decreto ingiuntivo in Italia normalmente conviene: si ritarda di circa un anno il titolo esecutivo e poi, in caso di soccombenza, si viene inspiegabilmente condannati a pagare una somma molto bassa, anziché dover rimborsare le spese legali del creditore che si è visto costretto a rivolgersi all’autorità giudiziaria. In più c’è da dire che un formalismo fine a se stesso e l’incertezza del diritto consentono ai debitori di ottenere a volte risultati insperati.

Aggiungendo a questo quadro i tempi medi pluriennali delle cause civili e quelli incredibilmente lunghi dei poco efficaci e molto costosi procedimenti esecutivi, si comprende perché l’Italia sia sprofondata al 147° posto nella voce “enforcing contracts”.

In Svezia la certezza del diritto è un valore supremo dell’ordinamento. Un giudice si domanda se la sua sentenza era prevedibile prima di emetterla. Se non lo è la qualità del servizio è considerata bassa. Nel settore “enforcing contracts”, infatti, la Svezia è al 21° posto.

La certezza del diritto si ritrova anche nella normativa fiscale, che in Svezia (rank 35) è chiara e non richiede una quantità spropositata di ore dedicate alle incombenze fiscali, mentre in Italia è piena di scadenze e difficoltà interpretative (rank 141). Lo stesso dicasi per ottenere un permesso di costruire (Svezia 18mo posto, Italia 121mo).

Un’impresa deve poter conoscere i rischi e le conseguenze del proprio operato prima di intraprendere un’attività o anche solo un affare. Il rischio di impresa deve essere di carattere economico, non giuridico.

Ricollegandoci al tema dei termini brevi di pagamento, soltanto con una giustizia civile efficiente è accettabile pagare la fattura di un fornitore prima ancora di avere controllato la merce. Si comprende quindi che molti aspetti fondamentali della vita delle imprese dipendono dal sistema giuridico e che la qualità dell’apparato statale gioca un ruolo decisivo per la crescita dell’economia.

Andando al nucleo della questione: qual è la ricetta svedese per una pubblica amministrazione così efficiente che favorisce la crescita delle imprese?

Risposta: onestà e trasparenza.

A tale proposito vi invito ad aprire il sito www.transparency.org che riconosce alla Svezia il 4° posto mondiale per l’indice più basso di corruzione e pone l’Italia al 69° posto, il peggiore tra tutti i paesi dell’Unione Europea.

Nell’incertezza del diritto, dove avere torto è una pacchia, i disonesti prosperano e la corruzione dilaga, gli investimenti sono deviati su altri paesi e la società nel suo complesso si impoverisce.

La civiltà e la crescita economica richiedono tolleranza zero verso la corruzione e la disonestà. Ecco perché la Svezia è il modello da seguire.

Un caro saluto a tutti.

Massimo Caiazza

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